Riders: Corte di Appello di Torino ribalta la sentenza di primo grado.

Con la sentenza  n. 778/2018 il Tribunale del lavoro di Torino respingeva il ricorso dei riders Foodora. In particolare, malgrado la sottoscrizione con i riders di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato e prorogato fino al 30 novembre 2016, secondo i ricorrenti il rapporto di lavoro era stato di tipo subordinato.


Su tale assunto i riders  chiedevano al Trib. del Lavoro l’inquadramento nel Ccnl logistica o Terziario, con il versamento delle differenze retributive e Tfr, il ripristino del rapporto di lavoro e il pagamento delle retribuzioni maturate fino alla data del licenziamento, ritenuto illegittimo e/o inefficace poiché discriminatorio (i cinque sostenevano di non essere stati più chiamati perchè avevano partecipato a una iniziativa di protesta).
I giudici di primo grado hanno ritenuto i riders non sottoposti al potere direttivo, organizzativo e disciplinare datoriale in ragione dell’assenza dell’obbligo per le parti di rendere e/o esigere la prestazione. In buona sostanza non è possibile inquadrare come subordinata una prestazione lavorativa che, come accade per il lavoro autonomo, può anche non esser resa senza alcuna conseguenza negativa per chi si è rifiutato di porla in essere. Esclusa la fattispecie della subordinazione, la sentenza  non ha ritenuto provato nemmeno il coordinamento delle prestazioni lavorative da parte dell’azienda resistente, non configurando, il coordinamento esercitato da Foodora,  nemmeno la fattispecie di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015, invocato in subordine dai ricorrenti. Tale norma presuppone, per trovare applicazione la normativa protettiva del rapporto di lavoro dipendente alle collaborazioni esclusivamente personali, l’esistenza della continuatività/non occasionalità del rapporto di lavoro e la necessaria prova positiva dell’ulteriore circostanza del coordinamento spazio-temporale della prestazione. Secondo il Tribunale tale coordinamento è mancante nel caso di specie poiché proprio i fattorini avevano possibilità di scegliere se eseguire la prestazione.

Di contro, i giudici di secondo grado della Corte di appello di Torino l’11 gennaio 2019 hanno (in parte) ribaltato la sentenza di primo grado accogliendo parzialmente le richieste degli ex fattorini. Nella sentenza, la Corte ha riconosciuto “il diritto degli appellanti a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all’attività lavorativa da loro effettivamente prestata in favore di Foodora sulla base della retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del quinto livello del contratto collettivo logistica-trasporto merci dedotto quanto percepito”.
Al di là del merito della sentenza, che è importantissimo, questo riconoscimento di tali diritti è avvenuto grazie all’art. 2 del D. Lgs. 81/2015 (Jobs act). Secondo  la Corte la norma in questione individua un “quarto” genere, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro autonomo, quello subordinato di cui all’articolo 2094 cc e la collaborazione come prevista dall’articolo 409 n.3 c.p.c, per garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro  a seguito della evoluzione  tecnologica.
Tale interpretazione postula che la collaborazione dei riders è qualificabile come etero-organizzata (il committente ha il potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa del collaboratore e cioè la possibilità di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro) poichè è ravvisabile “un’effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che  la  prestazione lavorativa finisce con l’essere strutturalmente legata a questa (l’organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all’articolo 409 n.3 c.p.c, poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore”.

Nel caso di specie quindi afferma la Corte esistono: l’etero-organizzazione produttiva del committente che ha le caratteristiche sopra indicate (e rientra nella previsione di cui all’articolo 2 del del D.lgs 81/2015) e la collaborazione coordinata ex art 409 n.3 c.p.c. in cui è il collaboratore che pur coordinandosi con il committente organizza autonomamente la propria attività lavorativa (in questo caso le modalità di coordinamento sono definite consensualmente e quelle di esecuzione della prestazione autonomamente).
La corte di appello ha ritenuto applicabile l’art. 2  d.lgs 81/2015, tuttavia tale norma non comporta la costituzione di una rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti, poiché essa stabilisce  che a far data dal 1°gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione autonoma etero-organizzata (in essere), che però continuano a mantenere la loro natura.
Ciò significa che il lavoratore etero-organizzato resta, tecnicamente, “autonomo” ma per ogni altro aspetto, e in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo.
La sentenza di appello, quindi, ha un grande effetto per la giurisprudenza poichè fa salvo l’assetto negoziale stabilito dalle parti in sede di stipulazione del contratto, ma  prevede l’estensione delle tutele previste per i rapporti di lavoro subordinato.  Bisognerà capire ora gli effetti di questa sentenza visto che potrebbero molti rapporti di lavoro in essere, vissuti con la “facilità” del rapporto integralmente non subordinato, mutare aspetto e divenire troppo onerosi per il datore di lavoro. In aggiunta a questo sicuramente l’estensione delle tutele garantisce una maggiore copertura per i lavoratori che, fino a questo momento, ne erano completamente privi oltre che soggetti ad ogni intemperia senza alcuna copertura assicurativa o di malattia.
Forse è il primo vero passo in avanti verso un riconoscimento di contratti “atipici” che rispecchiano i nostri tempi ma che, probabilmente, non permettono ancora una facile applicazione visto il costo elevato del lavoro. In un paese che da un lato punta alla stabilizzazione dei lavoratori ma che, contemporaneamente non può fare a meno di aprirsi alle nuove forme contrattuali, questa sentenza potrebbe rappresentare un vero inizio di riforma del lavoro in chiave di rinnovamento.